Riassunto:
«Siamo tutti profughi, senza fissa dimora
nell’intrico del mondo. Respinti alla frontiera da un
esercito di parole, cerchiamo una storia dove avere
rifugio». Dai primordi del fascismo alla fine della Guerra
Fredda, settant’anni di storia visti con gli occhi di
un’italiana dalla pelle scura. In un capolavoro del
neorealismo, Riso amaro di Giuseppe De Santis, oltre a Silvana
Mangano in hot pants compare una strana mondina nera. Il suo
nome è Isabella Marincola, ma in Somalia si farà
chiamare Timira. Donna appassionata e libera, nata nel 1925 a
Mogadiscio, è una figura nascosta e leggendaria, uno
scrigno di storie intrecciate, tra Europa e Africa, che questo
libro per la prima volta disseppellisce. Timira è un
«romanzo meticcio» che mescola memoria, documenti di
archivio e invenzione narrativa. Scritto da un cantastorie
italiano dal nome cinese, insieme a un’attrice
italosomala ottantacinquenne e a un esule somalo con quattro
lauree e due cittadinanze. Per interrogare, attraverso
l’epopea del passato, un tempo che ci vede naufraghi,
sulla sponda di un approdo in fiamme. Questo tempo dove ci
salveremo insieme, o non si salverà nessuno.